La medicina comportamentale si avvale di un approccio etologico-clinico-veterinario:
- etologico: il comportamentalista non è un etologo ma utilizza l’etologia, quale scienza descrittiva, come metodo per osservare il comportamento dell’animale in esame e degli altri soggetti (persone, cospecifici e non) del sistema di appartenenza che si relazionano con esso.
- clinico: l’osservazione clinica e l’indagine semiologica valuta le manifestazioni neurovegetative che presenta l’animale, quali sintomi di disfunzioni dei diversi sistemi neurotrasmettitoriali.
- veterinario: il ruolo del comportamentalista è inserito nella medicina veterinaria, per valutare correttamente le affezioni organiche responsabili di patologie comportamentali (ad esempio le malattia metaboliche, le neoplasie, le disfunzioni sensoriali, le malattie infiammatorie o degenerative), come anche per discernere le patologie comportamentali responsabili di affezioni organiche (ad esempio le malattie del sistema digestivo su base ansiosa, le dermatiti da leccamento nel cane, l’alopecia estensiva felina, ecc.).
La visita del medico veterinario comportamentalista quindi ricalca la rigorosità scientifica delle altre discipline medico-veterinarie: raccolta dei sintomi, bilancio dei sintomi, diagnosi differenziale, diagnosi, prognosi e terapia, che può essere comportamentale, farmacologica e feromonale.